COP29: PROMESSE IN FUMO? L'OMBRA DELLA FINANZA CLIMATICA SU BAKU.
05.12.2024

A Baku, Azerbaigian, è andato in scena il grande spettacolo della COP29, dal 28 novembre al 2 dicembre 2024. Oltre 30.000 delegati, 195 Paesi rappresentati, un'agenda infuocata sul tavolo: la finanza climatica. Eppure, l'aria che si respirava nelle sale dei negoziati non era quella dell'entusiasmo, ma quella di un déjà vu amaro. A fronte di tanti proclami, la giustizia climatica rimane un miraggio, e la conferenza ha lasciato più domande che risposte.
La COP: Cosa c’è in gioco?
Dal 1995, la COP è il grande palco su cui governi, scienziati e attivisti affrontano il dramma del cambiamento climatico. A Baku, l'obiettivo dichiarato era ambizioso: rafforzare gli impegni finanziari per i Paesi vulnerabili. Ma se la retorica è stata di alto livello, le decisioni concrete hanno zoppicato.
António Guterres, Segretario Generale dell'ONU, ha ammonito: "Senza una finanza climatica solida, non c'è futuro equo." Ma il suo appello, come altri, sembra essere scivolato sulle pareti insonorizzate dei palazzi di Baku.
Il Paradosso della Finanza Climatica
1. Obiettivi su carta: Un nuovo target di 1.300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 è stato annunciato con grande enfasi. Ma manca un dettaglio cruciale: chi pagherà cosa e come? Senza un vincolo giuridico, le promesse restano lettera morta.
2. L’eterno squilibrio tra mitigazione e adattamento: I Paesi in via di sviluppo, già in ginocchio di fronte a cicloni, inondazioni e siccità, hanno chiesto che i fondi per l’adattamento vengano triplicati. Risultato? Ancora una volta, la maggior parte delle risorse andrà alla mitigazione, lasciando chi soffre davvero a bocca asciutta.
3. Il nodo dei prestiti: La roadmap “Baku to Belém” dovrebbe migliorare il flusso di finanziamenti entro la COP30 in Brasile. Ma molti fondi promessi dai Paesi ricchi includono prestiti, non sovvenzioni. Un "aiuto" che sa di trappola, aggravando il debito delle nazioni più povere.
Perdite e Danni: Lo Scandalo della Stasi
Dopo la svolta storica di Sharm el-Sheikh (COP27) e l'istituzione di un fondo dedicato, a Baku tutto si è fermato. Nessuna chiarezza sui contributi, nessun piano per le distribuzioni. Una paralisi che grida vendetta, soprattutto per chi vive le conseguenze più dure del cambiamento climatico.
Giustizia Climatica: il Grande Assente
Leader globali come Mia Mottley, Primo Ministro di Barbados, hanno alzato la voce: "Non possiamo continuare a pagare per i peccati del Nord globale." Ma i Paesi ricchi, che hanno costruito la loro prosperità sulle spalle del Sud globale, hanno mostrato ancora una volta la loro sordità.
Qualche Raggio di Speranza?
Tra le nuvole di delusione, spiccano segnali incoraggianti:
Impegno privato: Colossi come BlackRock e Microsoft hanno annunciato nuovi fondi per progetti di energia rinnovabile nei Paesi in via di sviluppo.
Pressione pubblica crescente: L’indignazione globale cresce, e con essa la consapevolezza dell’urgenza di azioni concrete.
Conclusioni: Dal Fumo alle Fiamme?
La COP29 si è chiusa con un’altra pagina di buone intenzioni. Ma le nazioni vulnerabili chiedono giustizia, non elemosina. Baku ha dimostrato ancora una volta che senza un cambiamento di paradigma – e una pressione inarrestabile dal basso – le COP rischiano di trasformarsi in vuote kermesse diplomatiche.
Il tempo stringe. La crisi climatica non fa sconti. E la fiducia, come ha detto Mottley, è la prima vittima. La domanda è semplice: riusciremo a trasformare la roadmap verso Belém in un passo concreto verso la salvezza del pianeta, o ci condanneremo a un futuro di disuguaglianze sempre più profonde?