IPOCRISIE E VERITÀ SUGLI ESPERIMENTI SUGLI ANIMALI IN ITALIA.
06.04.2025

Parliamo chiaro. In Italia, ogni anno, migliaia di animali vengono usati per la sperimentazione scientifica. E già qui si accende il dibattito. C’è chi grida allo scandalo, chi vuole l’abolizione totale, chi firma petizioni indignate. Ma quanti, tra questi paladini della causa animale, poi si siedono tranquillamente a tavola e si mangiano una bistecca, un pollo arrosto o una bella porchetta la domenica?
Ecco il punto: l’ipocrisia.
Nel 2022, secondo i dati ufficiali del Ministero della Salute, in Italia sono stati usati quasi 600.000 animali per scopi scientifici. In maggioranza si tratta di roditori: topi, ratti, conigli. In misura molto minore cani e primati, protetti da normative ancora più stringenti. Ora, parliamo di numeri? Ogni anno, nel mondo, oltre 70 miliardi di animali vengono macellati per l'alimentazione umana. In Italia, sono oltre 500 milioni, tra polli, suini, bovini e ovini.
Quindi: se la lotta è contro la sofferenza animale, perché tanto rumore solo contro la sperimentazione e nessuna campagna radicale per chiudere i mattatoi?
La verità è che la sperimentazione animale ha salvato vite umane. Sì, proprio così. Senza l’uso di animali, non avremmo avuto vaccini, antibiotici, terapie oncologiche, trapianti. L’insulina, che salva milioni di diabetici ogni giorno? È nata anche grazie alla sperimentazione su cani. I farmaci per curare Parkinson, Alzheimer, HIV? Lo stesso. E allora cosa facciamo, li cancelliamo in nome di un’etica selettiva?
Sia chiaro: nessuno vuole la sofferenza gratuita. Ma il punto è capire quale sofferenza serve davvero a salvare vite, e quale è il frutto di un sistema industriale che nessuno vuole mettere in discussione perché... beh, la carne piace.
E allora ci chiediamo: perché questa crociata solo contro i laboratori e non contro gli allevamenti intensivi? Forse perché colpire la scienza fa più notizia, crea più indignazione social, si trasforma in slogan. Ma andare davvero contro il sistema che produce carne a basso costo... quello no, sarebbe troppo scomodo.
Cosa c'è dietro? Forse una battaglia di immagine, di marketing, più che di sostanza. Forse un modo per dire “io sono etico” mentre si continua a fare la spesa come sempre.
Ecco perché serve onestà. Serve dire le cose come stanno. La sperimentazione animale non è un piacere. È una necessità, ancora oggi. E chi vuole abolirla dovrebbe, per coerenza, smarcarsi completamente da ogni forma di sfruttamento animale, anche quello a tavola. Altrimenti, è solo ipocrisia.
E se vogliamo andare ancora più a fondo, c’è un altro tema che nessuno tocca: l’alternativa reale alla sperimentazione animale esiste oppure no?
La risposta, ad oggi, è ni. Esistono metodi alternativi: modelli cellulari, organi su chip, intelligenza artificiale, simulazioni. Tutte cose interessantissime e in crescita, certo. Ma non sostituiscono completamente l’organismo vivente. Perché la verità è che nessuna simulazione può riprodurre la complessità del corpo umano in modo assoluto. E infatti anche i farmaci testati in vitro, alla fine, devono passare per la sperimentazione in vivo prima di arrivare all’uomo.
La stessa Unione Europea lo sa. E infatti, pur promuovendo la riduzione degli esperimenti su animali, non ne ha mai vietato l’uso. Perché? Perché l’alternativa sicura, oggi, semplicemente non c’è ancora. Sarebbe come voler mandare una navicella su Marte senza nemmeno averla testata in orbita. Semplicemente, non si può fare.
Ma torniamo all’ipocrisia. C’è chi va in televisione a piangere per il beagle nei laboratori, e poi la sera si mangia le costine. C’è chi urla “basta vivisezione!” ma poi indossa scarpe in pelle. C’è chi parla di “diritti degli animali” ma poi compra uova da allevamento in gabbia. E allora la domanda è semplice: dov’è il confine tra etica e comodità?
Non possiamo pretendere una scienza pulita mentre viviamo in un sistema che ogni giorno tollera, anzi, alimenta, la sofferenza animale a scopi ben meno nobili. E non è un giudizio morale: è un dato di fatto.
E vogliamo dirla tutta? Dietro certe battaglie, a volte, c’è anche business. Ci sono associazioni che campano sulle donazioni di chi è sensibile a queste cause. Campagne virali, video shock, gadget, petizioni. Tutto legittimo, per carità. Ma anche questo va detto: la sensibilità non deve essere usata come merce di scambio per vendere indignazione.
La vera coerenza non è scegliere un nemico facile, ma affrontare il problema in tutta la sua complessità. E oggi, essere onesti significa dire che la sperimentazione animale è ancora, in molte situazioni, l’unico mezzo per far avanzare la medicina. Con regole ferree, con controlli, con rispetto. Ma è così.
Se un giorno potremo superarla, saremo i primi a festeggiare. Ma finché non avremo un'alternativa che funzioni davvero, smettiamola di condannare chi lavora per salvare vite, e iniziamo magari a guardarci nel piatto. Perché la vera ipocrisia non sta nei laboratori. Sta nel silenzio che ci concediamo quando ci fa comodo.
E allora chiudiamo con una domanda semplice, diretta:
Siamo davvero pronti a rinunciare a tutto ciò che deriva dall’uso degli animali, oppure scegliamo solo le battaglie che ci fanno sentire meglio?
La coerenza non è facile, lo so. Ma non possiamo continuare a sparare sentenze senza conoscere i fatti. Non possiamo condannare la scienza e poi pretendere cure quando siamo noi, o qualcuno che amiamo, a stare male.
La verità, spesso, è scomoda. Ma affrontarla è l’unico modo per essere liberi davvero.
Pensiamoci. E la prossima volta che firmiamo una petizione o condividiamo un post indignato… chiediamoci se, almeno, stiamo guardando la realtà per quello che è.