LE TERRE RARE IN ITALIA: TESORI SOTTOTERRA, POLVERE SULLE SCRIVANIE.

03.03.2025
Oggi parliamo di un paradosso tutto italiano: abbiamo sotto i piedi una ricchezza enorme di minerali strategici, quelli che servono per batterie, microchip, pannelli solari… ma li lasciamo lì, inutilizzati. Nel frattempo, dipendiamo completamente dall’estero, con conseguenze economiche e geopolitiche disastrose.

Sapete qual è la situazione? Ve la racconto con qualche numero. Secondo l'Ispra, l'Italia ha giacimenti di litio nel Lazio e in Campania, cobalto in Piemonte, titanio in Liguria, manganese e tungsteno tra Toscana e Calabria. Parliamo di materiali critici, quelli che oggi servono per la transizione ecologica, per le auto elettriche, per i telefoni che tutti abbiamo in tasca. Eppure, sapete quanti metalli critici estraiamo in Italia? Zero. Nulla. Niente.

E mentre noi ci facciamo problemi su come regolamentare le miniere, la Cina controlla il 63% della produzione mondiale di terre rare. Avete capito bene: quasi due terzi del mercato dipendono da Pechino, che può decidere chi vendere e a quale prezzo. E se domani smettesse di esportare? Già nel 2010 ha ridotto le vendite del 40% e i prezzi sono schizzati alle stelle. Siamo davvero così sprovveduti da continuare a ignorare il problema?

Ora, qualche burocrate ci dirà che non possiamo toccare queste risorse perché dobbiamo proteggere l’ambiente. Giusto. Nessuno vuole distruggere il territorio. Ma facciamo un piccolo paragone: in Svezia, che certo non è un Paese nemico della natura, hanno appena scoperto uno dei più grandi giacimenti di terre rare in Europa e cosa fanno? Lo sfruttano con tecnologie avanzate, riducendo l’impatto ambientale. In Canada e Australia già da anni investono in miniere sostenibili. Noi, invece, cosa facciamo? Aspettiamo che qualcun altro decida per noi.

E attenzione: questa non è solo una questione economica, ma geopolitica. Nel 2021 l’Europa ha firmato un accordo con l’Ucraina per estrarre litio. Poco dopo, la Russia ha invaso il Paese. Una coincidenza? Forse no. Le materie prime sono il nuovo petrolio, e chi le possiede detta legge. Noi, invece, facciamo finta di niente e restiamo con il cappello in mano.

Il governo ha insediato un tavolo tecnico. Perfetto. Ma di tavoli tecnici ne abbiamo visti tanti. Nel frattempo, mentre si discute, la Germania si assicura risorse dall’Africa, la Francia stringe accordi con il Canada, e noi? Restiamo a guardare, come se fossimo spettatori e non protagonisti del nostro destino.

Quindi la domanda è: vogliamo continuare a essere dipendenti dagli altri, pagando prezzi sempre più alti, o vogliamo finalmente sfruttare le risorse che abbiamo sotto il naso? Perché se non lo facciamo noi, state certi che qualcun altro ci penserà. E quel giorno ci sveglieremo, come sempre, troppo tardi.

Michele Interrante- Articolista
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