MORTI SUL LAVORO: FINO A QUANDO?
05.03.2025

Un'altra tragedia sul lavoro, un altro operaio che non tornerà a casa. Questa volta è successo ad Arezzo, dove un uomo di 55 anni ha perso la vita cadendo dall’alto in un cantiere. Un copione già visto troppe volte: l’allarme lanciato dai colleghi, i soccorsi che arrivano ma non possono fare nulla, le indagini per capire cos'è accaduto. E poi le solite dichiarazioni, le solite promesse: "Mai più morti sul lavoro", "Bisogna rafforzare la sicurezza", "Servono più controlli". Ma la domanda resta: perché la sicurezza nei cantieri continua a non funzionare?
Ipotesi sulle cause
Anche questa volta, le indagini proveranno a dare risposte. Le ipotesi sono tante:
Mancanza di misure di sicurezza adeguate: l’operaio aveva i dispositivi di protezione individuale (DPI) necessari? Erano stati controllati?
Errori nelle procedure di lavoro: chi doveva garantire che tutto fosse fatto in sicurezza?
Cedimento strutturale o guasto tecnico: la gru o l’impalcatura erano a norma? C’era stata una verifica tecnica recente?
Fattore umano: la stanchezza, i turni pesanti, la scarsa formazione possono aver giocato un ruolo?
Eppure, al di là delle singole cause, il problema di fondo è sempre lo stesso: la sicurezza nei cantieri è spesso solo un documento firmato e dimenticato in un cassetto.
Un sistema che non funziona
Ogni volta, dopo un incidente mortale, si dice che "bisogna fare di più". Ma allora perché non si è fatto prima?
I protocolli di sicurezza sono davvero applicati o servono solo per evitare multe?
I controlli sono reali ed efficaci o vengono intensificati solo dopo una tragedia?
Le imprese edili vedono la sicurezza come una priorità o come un costo da ridurre al minimo?
I lavoratori ricevono una formazione adeguata o imparano sul campo, spesso a loro rischio e pericolo?
La verità è che la sicurezza non può essere solo un obbligo formale: deve diventare un investimento prioritario, un valore condiviso da imprese, lavoratori e istituzioni.
Serve una riforma della sicurezza?
Forse è il momento di smetterla con le parole e passare ai fatti. Serve una nuova normativa che renda la sicurezza funzionale ed efficace, non solo un insieme di regole scritte per essere ignorate. Alcune proposte concrete:
Sanzioni più severe per chi non rispetta le norme, con la sospensione immediata delle attività.
Potenziamento dei controlli: più ispettori sul campo e verifiche costanti, non solo a seguito di incidenti.
Formazione obbligatoria più rigorosa, con prove pratiche e aggiornamenti continui.
Tecnologie di prevenzione: sensori, droni, intelligenza artificiale per monitorare in tempo reale la sicurezza nei cantieri.
Responsabilità chiare: oggi troppe volte la colpa si disperde tra datori di lavoro, subappaltatori e operai. Serve un sistema in cui chi sbaglia paga, senza scappatoie.
Quanti morti servono ancora?
La sicurezza non può essere una promessa fatta dopo ogni tragedia. Se non si cambia subito, continueremo a vedere lo stesso film: un altro operaio che muore, un altro cantiere chiuso, un'altra indagine, altre lacrime. Ma per la famiglia della vittima, per i suoi colleghi, per chi lo conosceva, non sarà mai solo un numero in più nelle statistiche.
Fino a quando accetteremo di vivere in un Paese dove morire di lavoro è la normalità?