SCUDO DEMOCRATICO O BAVAGLIO DI STATO? PERCHÉ LA PROPOSTA DI CALENDA È UN RISCHIO PER LA DEMOCRAZIA.

15.03.2025
Il 10 marzo 2025, Carlo Calenda, leader del partito Azione, ha presentato una proposta di legge denominata "scudo democratico", volta a contrastare la diffusione di contenuti falsi, distorti e ingannevoli attraverso i media e le piattaforme social, al fine di proteggere il processo democratico italiano.
Questa iniziativa si inserisce in un contesto europeo caratterizzato da crescenti preoccupazioni riguardo alle interferenze straniere nei processi elettorali. Nel 2024, l'Unione Europea ha affrontato un "super anno" elettorale, con oltre 3,7 miliardi di persone chiamate alle urne in più di 70 paesi. In tale scenario, le potenze straniere hanno utilizzato la disinformazione e gli attacchi informatici per cercare di influenzare l'opinione pubblica dell'UE a proprio vantaggio.

La proposta di Azione prevede il coinvolgimento di organismi come l'Agcom, esperti tecnici terzi e i servizi di intelligence per monitorare e contrastare le manipolazioni che avvengono sui social attraverso l'intelligenza artificiale.
Tuttavia, emergono critiche riguardo a possibili implicazioni autoritarie di una tale legge. Alcuni osservatori sottolineano che affidare ai servizi segreti il compito di stabilire cosa sia propaganda potrebbe portare a derive pericolose, considerando anche il ruolo ambiguo dei servizi in passato.
Inoltre, si teme che una legge del genere possa essere utilizzata per colpire legittime posizioni critiche nei confronti di organizzazioni internazionali o alleanze militari, etichettandole come propaganda straniera. Ad esempio, un partito che esprimesse critiche alla NATO potrebbe essere ingiustamente attenzionato.

È importante notare che l'Unione Europea ha già adottato misure per contrastare le interferenze straniere. Il Parlamento Europeo ha espresso preoccupazione per le ingerenze russe e cinesi e ha chiesto di vietare TikTok a tutti i livelli di governo nazionale e nelle istituzioni dell'UE.
In conclusione, mentre l'obiettivo dichiarato dello "scudo democratico" è la protezione del processo elettorale dalle interferenze straniere, è fondamentale garantire che le misure adottate non compromettano le libertà democratiche e i diritti fondamentali dei cittadini. Un equilibrio delicato che richiede un attento dibattito pubblico e una scrupolosa valutazione delle implicazioni di ogni intervento legislativo.

La proposta di legge sullo "scudo democratico" avanzata da Carlo Calenda e dal partito Azione solleva diverse preoccupazioni sul piano della democrazia e delle libertà individuali. Ecco perché è lecito nutrire dubbi e opporsi a questa iniziativa.

Perché questa proposta di legge deve preoccuparci?

1. Chi decide cosa è vero e cosa è falso?

La proposta prevede che siano l'Agcom, esperti tecnici terzi e i servizi di intelligence a individuare contenuti falsi o manipolatori. Ma chi garantisce l'imparzialità di questi soggetti? Il rischio è che si crei una sorta di "ministero della verità" che può censurare informazioni scomode.

2. Un precedente pericolosoSe una legge simile venisse approvata, potrebbe essere ampliata in futuro per colpire non solo interferenze straniere, ma anche posizioni interne scomode al governo. Questo potrebbe portare a una deriva autoritaria, limitando la libertà di espressione.

3. L'uso politico della sicurezza nazionale.Invocare il rischio di ingerenze estere per giustificare misure repressive non è una novità. Accadde negli Stati Uniti con il Patriot Act dopo l'11 settembre, giustificando una sorveglianza di massa che ha poi colpito cittadini comuni. L'Italia rischia di seguire questa strada?

4. Minaccia al pluralismo dell'informazioneCon questa legge, giornali, televisioni e siti web potrebbero essere accusati di "alterare il processo democratico" solo per aver pubblicato notizie scomode per il governo. Il giornalismo investigativo e il dibattito critico sarebbero in pericolo.

Quali sono i motivi che giustificano il NO a questa proposta di legge?

1. La legge può essere usata per censurare il dissensoChi esprime opinioni contrarie all'UE, alla NATO o a certe politiche economiche potrebbe essere bollato come "strumento di propaganda straniera". 
Questo potrebbe colpire partiti politici, giornalisti indipendenti e cittadini critici.

2. Non esistono criteri oggettivi per stabilire cosa sia disinformazioneLa storia recente dimostra che ciò che viene definito "fake news" spesso cambia nel tempo. Durante la pandemia, informazioni che inizialmente erano considerate "disinformazione" (come l'ipotesi della fuga del virus da un laboratorio) sono poi diventate argomenti legittimi di dibattito.

3. Il rischio di un doppio standardLa proposta prevede di colpire l'influenza straniera. Ma cosa succede se un politico italiano riceve fondi da Paesi alleati come gli Stati Uniti o l'Arabia Saudita? 
Matteo Renzi ha lavorato per l'Arabia Saudita mentre era in politica: sarebbe stato colpito da questa legge?

4. L'Agcom e i servizi segreti sono davvero affidabili?
L'Agcom è un'autorità indipendente, ma la sua dirigenza è nominata dalla politica. 
I servizi segreti hanno avuto un ruolo ambiguo in alcune pagine oscure della storia italiana (Stragi di Stato, caso Moro, Gladio). 

Vogliamo davvero affidare loro il potere di stabilire cosa sia vero e cosa no?A chi può giovare questa legge e a chi no?

✔ A chi giova:
Al governo e ai partiti tradizionali, che potrebbero etichettare le voci critiche come pericolose per la democrazia.
Ai media mainstream, che potrebbero avere meno concorrenza da parte di fonti alternative.
All'Unione Europea e alla NATO, che potrebbero ridurre il dissenso interno sulle loro politiche.

✖ A chi nuoce:
Ai cittadini, che rischiano di avere accesso a un'informazione filtrata.
Ai partiti di opposizione e ai movimenti critici, che potrebbero essere penalizzati da controlli e limitazioni.
Ai giornalisti indipendenti, che potrebbero subire pressioni per evitare certi argomenti.

Conclusione

Se l'obiettivo è difendere la democrazia, questa proposta rischia di ottenere l'effetto opposto. La democrazia si tutela con trasparenza, pluralismo e un'informazione libera, non con misure che centralizzano il potere decisionale su cosa sia vero e cosa no. La disinformazione si combatte con l'educazione e con un dibattito aperto, non con la censura.
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Michele Interrante- Articolista
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